«Ho abbandonato, naturalmente, tutte le teorie che ero an­data elaborando nel corso del tempo per convincermi che la solitudine è libertà. Non lo è affatto e mai si dovrebbe ca­dere nell’inganno di un tale pensiero. La solitudine è quello che è, solitu­dine appunto, disperazione, silenzio, rassegnazione, lutto e, giusta suona il detto evangelico, Guai ai soli! La libertà senza amo­re non ha significato: perché, se l’amore è appartenenza, è altresì – quello vero, sano, autentico e fe­condo – appartenenza che libera. Libera energia, libera forza, libera lo svolgimento del proprio sé in una comunanza di cammino che è la vita con l’altro.
Certo, è complicato, a volte insostenibile, questo cammino. L’altro spesso diventa un estraneo, un muro contro cui si sbatte, rimanendo pestati, feriti; un muro dal quale ci si allontana e si fugge. Perché il cammino riesca e si scopra la pienezza dell’incontro che ogni giorno si rinnova, occorrono rispetto, stima, volontà di sostenersi senza inganno in ogni momento, onestà di mente e limpidezza di cuore».

Francesca Rizzo insegna Storia della filosofia e Storia della filosofia italiana nel Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina. Autrice di numerosi lavori di storiografia filosofica, pubblicati presso diverse case editrici, ha affidato alle pagine di questo piccolo libro il racconto della sua singolare storia: una storia di speranza, una storia di vita che sempre torna a ricrearsi nell’imprevedibilità dell’accadere.

In copertina:
Castelmola, Chiesa di San Giorgio.