Gli antichi mestieri descritti nel libro sono ambientati a Racalmuto, antico borgo che riflette la parabola della Sicilia, il suo inesorabile declino economico alla fine del XIX secolo che si acuisce nel secondo dopoguerra del XX secolo, quando nel resto d’Italia prende l’avvio il boom economico.
La scelta di focalizzare l’attenzione sugli antichi mestieri consente di tessere una trama di relazioni sociali, di credenze, di usi e valori morali che hanno perdurato finché quel mestiere, quel lavoro ha continuato ad essere esercitato. Attraverso gli episodi descritti ci si immerge in un’atmo­sfera stantìa, di sogno, un presente esteso, in cui i personaggi comuni, della strada, dei cortili, delle miniere, delle campagne, compiono gli stessi gesti e occupano gli stessi spazi da un tempo indefinito, fino alla fine degli anni sessanta del secolo scorso. Uno spazio senza tempo e un tempo senza storia.
Quattro sentimenti serpeggiano nello scenario di questi racconti: la solidarietà, la rassegnazione, la speranza, l’attaccamento alle radici. La solidarietà è un sentimento comune che, insieme alla rassegnazione, derivano dalla coscienza di occupare tutti la stessa nicchia di desolazione. La speranza è l’unico elemento che smuove un po’ la stagnazione ambientale; costituisce il tentativo di riscatto attraverso la migrazione. Ma una volta fuori il proprio territorio, per il migrante siciliano subentra la nostalgia e l’attaccamento alle comuni radici.

Salvatore Silvano Messina è nato a Racalmuto (AG) il 3 maggio 1949 e vive a Canicattì. È laureato in Medicina e specializzato in Cardiologia e in Pneumologia. Esordisce nel 2012 con il romanzo L’ultima Matriarca (Armando Siciliano, Messina); del 2015 la raccolta di racconti Cronache della Deriva (Armando Siciliano); del 2016 il romanzo L’urlo e il vagito (La Zisa, Palermo) e il saggio Dica trentatrè (Medinova, Favara); del 2017 il romanzo Accadde all’alba (La Zisa).